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lunedì 17 ottobre 2016

La Moda dell'Attesa


Tania Brassesco - Lazlo Passi Norberto "Remake of Young Decadent Ramon Casas"

La pazienza è la virtù dei forti. E tu sai aspettare, anche se non ti senti né forte né virtuoso. Ti senti come si sentono quelli che aspettano: in attesa che l'attesa finisca. All'inizio va bene: vivi per il momento in cui uscirai dall'anticamera. Ti guardi intorno e osservi la gente che aspetta da più tempo di te, e che è arrabbiata per la troppo lunga attesa, persone al limite della sopportazione. Il loro sbuffare ti spettina i capelli. Fa volare la pagina che non hai ancora girato del libro che hai portato con te per non annoiarti nell'attesa. La loro insofferenza ti fa sorridere. Perché l'attesa va messa in conto. Fa parte del piacere. Come dicono quelli dello yogurt. A un certo punto, però, vorresti sapere quanto tempo ancora sarai costretto ad aspettare. Vorresti almeno un indizio. Non perché tu abbia terminato la pazienza. Solo per capire. Per organizzarti la giornata. La settimana. La vita. Ma nessuno ti dà quell'informazione. E tu pensi: non fa niente. Io so aspettare. L'ho messo in conto. E continui a leggere, anche se sempre più spesso la coda del tuo occhio spia la porta che prima o poi dovrai varcare. Nessuno entra e nessuno esce. Magari qualcuno dovrebbe bussare, pensi, distraendoti dalla lettura. La coda dell'altro tuo occhio, intanto, sbircia l'altra porta. Quella dalla quale altra gente continua a entrare e a sedersi, in attesa. Qualcuno fa capolino, vede che c'è troppo da aspettare, impreca e se ne va. Qualcun altro chiede chi sia l'ultimo. E quando l'ultimo alza la mano tu gioisci perché non sei tu ma quel povero sfigato. A un certo punto giri l'ultima pagina del tuo libro, la leggi e lo finisci. E ancora non tocca a te. E ti chiedi se saprai aspettare oltre.

1 commento:

  1. Io, invece, col tempo ho disimparato ad aspettare. Quando ero più giovane ero paziente e sempre pronto ad affrontare le code chilometriche, specialmente alle poste. Oggi si fa tutto online e le file sono molto più corte di allora. Nelle sale d'attesa non si leggono più i romanzi. Al massimo dei racconti brevi.

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