MK- Un mesetto fa sono stata alla presentazione biscegliese di "Malanotte", graphic novel – scritta da Marco Taddei e disegnata da La Came – pubblicata da Coconino Press in partnership con Fandango: nei credits si legge che il fumetto è ispirato a "Pantafa", un film di Emanuele Scaringi, ma in realtà la graphic novel ha avuto una gestazione quasi indipendente dalla pellicola (tra l'altro davvero ben girata); com'è andata?
LC - In pratica abbiamo fatto il fumetto prima che il film fosse pronto, avevamo ben poco a cui ispirarci: qualche scatto del paese dove era ambientato il film – Malanotte (un paese immaginario), e qualche nozione folkloristica sulla figura della Pantafa. Avere così pochi indizi è stata la nostra fortuna: scrivere il prequel di qualcosa che ancora non esiste, ha permesso a me e Marco di iniziare un progetto da zero, senza essere influenzati da un’opera esistente, di conseguenza ho potuto disegnare questa storia con grande libertà. Quando abbiamo consegnato il fumetto, a settembre dello scorso anno, abbiamo avuto la possibilità di vedere un pre-montato del film. È stato sorprendente costatare come film e fumetto sembrino ambientati nello stesso paese, e come la spettrale presenza della Pantafa abbia lo stesso impatto inquietante! Temi e trama sono totalmente indipendenti e non precludono la godibilità del fumetto o del film.
MK - La Pantafa è uno spirito inquieto, un'ombra, un ricordo distorto, un'anima in cerca di vendetta, è paura atavica; ha un nome diverso in ogni regione, che talvolta cambia di paesino in paesino. A Bisceglie, in Puglia, la chiamiamo Malombra, ed è la versione "femminile" dell'uomo nero. Avete avuto modo di scoprire nuove storie che la riguardano nel tour di presentazioni di "Malanotte"?
LC - Per ora le scoperte più interessanti e pertinenti le abbiamo fatte spingendoci a Sud. Qua in Toscana, per esempio, bisogna sempre spiegare da zero cosa sia la Pantafa; non esiste un corrispettivo nell’immaginario comune. In una presentazione abruzzese, uno dei moderatori era un super nerd del folklore locale: non riusciva a capacitarsi di come io sia riuscita a rendere così bene l’idea di uno spettro che non fa parte della mia cultura. Penso di avergli risposto che adesso mi è più complicato addormentarmi la sera...
MK - Il genere horror si ama o si aggira. A Bisceglie ci hai raccontato di averne timore... Disegnare ambientazioni cupe, evocative e inquietanti ti ha impressionata? Hai mai avuto paura delle tue stesse atmosfere da incubo?
LC - Spesso mi sono trovata nella situazione di dover ampliare il mio immaginario, e l’ho fatto aggiungendo scalini che si sono addentrati nelle mie di paure scendendo sempre più in profondità. In "Malanotte" si parla di argomenti più pericolosi degli spettri perché più vicini a ognuno di noi: l’emarginazione, la discriminazione, il rancore, la follia. Disegnare alcune delle scene che sono in questo libro mi ha fatto risuonare qualcosa dentro, come se certi soprusi li avessi vissuti sulla mia pelle.
MK - "Malanotte" ricalca un paesino reale, e la tua ricostruzione è davvero impressionante: i suoi abitanti sanno che le loro case, i vicoli, il cimitero e tutto il resto sono diventati la location di una graphic novel?
LC - Ahahah, no! Non ne sanno niente, e forse non lo scopriranno mai! Anche perché, a parte alcuni angoli di Roccacasale – si chiama così il paesino dei nonni di Marco – che ho ricalcato pari pari e magari sono riconoscibili, il resto è un lavoro certosino di taglia e cuci di foto di paesi diversi, vicoli immaginari, cimiteri che prendono ispirazione da uno scatto per diventare qualcosa di completamente nuovo una volta che la tavola a fumetti è finita. Le reference fotografiche sono un nucleo fondamentale dal quale partire; senza, per me sarebbe stato impossibile immergermi nella quotidianità di un paesino fra le montagne abruzzesi.
MK - "Malanotte" non è a colori, ma non si può dire che sia in bianco e nero, perché i tuoi grigi rappresentano un ricco ed efficacissimo arcobaleno macabro capace di trasportare i lettori in quelle vie, davanti a quelle facce. Quali sono i tuoi strumenti? Cambi registro ogni volta per raggiungere obiettivi differenti?
LC - Cambio stile per ogni storia che illustro. Penso che questo sia dettato dal bisogno di mettere i disegni al servizio della storia e non viceversa. Una volta letta la sceneggiatura di "Malanotte", l'ho immaginata subito in bianco e nero: scene di quotidianità immerse nella luce e improvvise tenebre spaventose. L’aggiunta del grigio è arrivata dopo per motivi di leggibilità delle tavole a fumetti: il mezzo tono mi ha permesso di rendere ancora più comprensibili le atmosfere sia in luce che in ombra. Le tavole sono disegnate interamente in digitale, ma con strumenti che simulano le penne, i pennelli e il carboncino che uso nei bozzetti; un pannello sottile per le linee e un carboncino per i neri. Ho sempre sostenuto che un bianco e nero fatto bene, non ti fa sentire la mancanza dei colori. Mi piacerebbe sapere da chi leggerà questo libro, se ci sono riuscita o meno.
Nessun commento:
Posta un commento
Dimmi