Call 4 by Jose Cruz |
Sale sulla navetta che collega Orio al Serio a Milano. È giovane, avrà poco
più di vent’anni. Color cioccolato, vestita di mille colori. Tutti caldi tranne
la maglia viola che le copre le braccia grasse. Ha la testa coperta da un velo:
fa caldo, ma lei ha scoperto solo il viso perfettamente rotondo, e le mani
piccole. Delle macchie color ruggine le tingono le unghie. Traballa un po’
quando entra, e quasi cade addosso a un uomo. Scuro anche lui. Bello. Coi
dreadlocks, le braccia muscolose, rughe che sembrano disegnate. Tra i quaranta
e i cinquanta. Mi dà l’idea di essere un percussionista e di fare capoiera.
Magari non è niente di tutto questo: era seduto accanto a me, sul volo
Bari/Milano. Ha usato il cellulare mentre l’aereo decollava: la hostess l’ha
visto ma non l’ha sgridato. Ha dormito quasi tutto il volo. I nostri bagagli
erano attaccati, per terra, non nelle cappelliere. Le cappelliere di Ryanair
non contengono mai il giusto. Sulla navetta, aiuta la donna a ritrovare
l’equilibrio e le fa un sorriso. Lei mi si siede accanto, posizionandosi senza
delicatezza fra me e lui. Il suo sedere è ingombrante, ma non mi tocca. Non si
accomoda. È come se fosse seduta su un cumulo di vetri. Stringe a sé uno zaino
pienissimo. In una mano ha dei fogli arrotolati, li apre un po’: c’è scritto
Polizia di Stato nell’intestazione. Nell’altra mano ha un’agendina
piccolissima. Tira la manica dell’uomo e gli chiede qualcosa che non capisco.
Neanche lui capisce. Lei ripete: Call. Lui le passa il suo cellulare, senza
chiedere. Senza guardarmi. Lei fa un numero e scoppia a piangere al telefono.
Parla una lingua che non so. Che mi sembrano mille. Urla. La gente è
infastidita perché ha sonno e vorrebbe dormire. La persona dall’altra parte del
cellulare sembra parlare in italiano. Lei lo passa al proprietario. Si parlano.
Pochi minuti dopo, il cellulare squilla di nuovo. È per lei. Ma lei non
capisce. Urla più forte. Urla come i disperati. Lui l’aiuta. Prende accordi per
lei. Binario 4 della Stazione Centrale. Ce l’accompagnerà personalmente. Lei non
urla più. Dice: thank you. Lui poggia la fronte sul sedile davanti e dorme fino
a Milano.
Ma che bel brano. (detto come lo dice la vecchina del castello errante di howl quando dice "ma che bel fuoco")
RispondiEliminaè stato bello soprattutto da vedere, chissà com'è andata avanti...
RispondiEliminaDovevi seguirla per noi. Ora chissà dov'è. Pero puoi inventarci il resto della storia! Lula
RispondiEliminavero, però castrerei l'immaginazione collettiva...
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