Una sala operatoria. Wonder Woman come interlocutrice. Pochi ricordi confusi. Molte paure malcelate. E, prima di tutto, un corpo ripudiato da una vita.
Con questi ed altri elementi si apre "La Prima Donna", che segna l’esordio nella narrativa della valente sceneggiatrice e scrittrice Giustina Porcelli. Dopo i toni umoristici dei due saggi "101 Motivi per non smettere di guardare Beautiful" e "Come imparare a dire di NO... e vivere meglio", l’autrice passa ad affrontare una storia di ampio respiro su un tema socialmente ancora poco discusso e accettato: la transessualità.
La vita del protagonista viene presentata in maniera destrutturata, procedendo per ricordi ed aneddoti inframmezzati da una cornice onirica che riporta costantemente il lettore al momento cruciale, vero filo conduttore di tutta la storia: la tanto agognata operazione finale che porterà il ragazzo a cambiare definitivamente sesso.
Sullo sfondo di paesi del sud definiti solo per apposizioni (“la Città delle Belle Donne” in primis), lungo un arco temporale che parte dagli anni 80 e si avvicina inesorabile alla contemporaneità, le quattro fasi dell’antieroe Gabriele/Lele/Gabrielle/Gabry vedono l’avvicendarsi di personaggi vividi e reali, che ci si ritrova presto ad amare od odiare per la loro umanità. Le già note difficoltà sociali della vita di provincia, amplificate oltremodo dallo stigma verso omosessualità e travestimento, si intrecciano sapientemente nella narrazione con gli elementi più (e meno) rassicuranti e riconoscibili della cultura locale e nazionale, rendendo la vicenda assai vicina, realistica e – nonostante le cautele definitorie – geograficamente collocabile.
Il percorso di Gabriele eleva "La Prima Donna" a vero e proprio romanzo di formazione, capace di portare allo svisceramento di pregiudizi, dilemmi etici e meccanismi affettivi che possono investire tutti coloro i quali – non certo per capriccio o per sfida – non riescono a sentirsi a proprio agio con le etichette sessuali, morali o (semplicemente e meramente) corporee ricevute alla nascita. Una lettura piacevole ed intensa, caratterizzata da uno stile fresco che riesce ad essere insieme ironico, commovente nonchè assolutamente personale. Già attendiamo con ansia il secondo romanzo.
Foto di Manolo Di Pino
Beh, direi che il titolo di questa recensione è abbastanza azzeccato.
RispondiEliminaAnche se ricorda un pò gli schemi concettuali di semiotica ;)
:)
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