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domenica 29 dicembre 2019

Le Storie di Malusa

Intervista per il blog CAMBIO GIORNO

Iniziamo la nostra intervista presentando Le Storie di Malusadi che cosa si tratta?

Le Storie di Malusa è la mia pagina Facebook: a differenza del profilo che aggiorno ormai pochissimo, la seguo con attenzione soprattutto per raccontare a chi mi segue cosa stia bollendo in pentola... per fortuna c'è sempre qualcosa sul fuoco! Lavoro in campo editoriale da molti anni, nasco sceneggiatrice di fumetto e di graphic novel, e arrivo alla narrativa solo una decina di anni fa. Parallelamente, oltre alla scrittura, ho approfondito grafica e illustrazione. Nella pagina c'è poco passato, tanto presente e un po' di futuro.

In attesa degli altri trasmettiamo musica da ballo: il tuo ultimo libro ha un titolo bellissimo, complimenti per averlo scelto! Spiegaci come ti è venuta l’idea e raccontaci se e quanta musica contiene questo romanzo...

Si tratta di un romanzo al quale ho lavorato per tantissimi anni, seppur a fasi alterne: la prima versione (di non so più quante) risale al 2010; nel frattempo ho portato avanti altri testi – racconti e il mio secondo romanzo NUDPDA Neanche una parola d'amore – più solidi. Nello specifico, questo manoscritto aveva un titolo che non mi convinceva e una struttura narrativa molto complessa che ha richiesto tantissimo impegno. E ricerche. Una di queste mi ha fatto scoprire l'aneddoto che gli ha dato il titolo. Cercando informazioni e dettagli sulla vita di Fausto Coppi (idolo di Antonino, il protagonista) ho letto della Milano-Sanremo del 1946: il Campionissimo prese una volata incredibile e tagliò il traguardo staccando gli altri corridori in gara di svariati minuti. La voce storica dello sport di allora, Nicolò Carosio, non sapendo cosa inventarsi per intrattenere i radioascoltatori disse: “In attesa degli altri concorrenti trasmettiamo musica da ballo”. Storia del ciclismo a parte, in tutte le mie storie c'è musica: su Spotify ci sono le colonne sonore di questo e de La prima donna – una riscrittura bella importante del mio primo romanzo di nuovo in libreria da questo novembre.

Qual è il genere letterario che consiglieresti, quello che più ti piace leggere, anche durante le feste? A quale autore ruberesti il titolo di un libro o di un capitolo... potendolo fare?

Mi piace la fantascienza degli anni Cinquanta, la narrativa contemporanea americana, ma leggo anche libri d'inchiesta sulla “condizione” italiana, e poi apprezzo il genere distopico, apocalittico... amo le emozioni! Queste vacanze potrebbero essere un buon momento per spararsi un (bellissimo) mattone di oltre 1000 pagine – che non bastano mai. – Il quinto giorno di Frank Shatzing, davvero pazzesco. Rispetto al “rubare”, posso arrivare a citare, come nel caso del titolo preso in prestito al buon Carosio, ma cerco di affrontare tematiche quanto più inedite possibili, ponendo il punto d'osservazione in un angolo fino ad allora cieco: se una cosa è stata già scritta, perché clonarla? Io scrivo quello che amerei leggere, non quello che ho già amato. Ovviamente, le contaminazioni sono inevitabili, ma arrivare ad avere il proprio stile, possibilmente unico, dovrebbe essere la sola ambizione di chiunque si professi un autore.

Il romanzo “La prima donna” da quanto tempo è in libreria? Sappiamo che Gabriella prima era Gabriele: qual è l’immagine letteraria che hai usato per spiegare l'importanza del superamento delle apparenze?

La prima edizione de La prima donna è uscita quasi dieci anni fa. All'epoca ero una romanziera acerba e la casa editrice non aveva ancora il ricco catalogo di narrativa che offre oggi: non abbiamo avuto, credo, le capacità di dargli il giusto risalto. L'idea di ripubblicarlo – è in libreria dal 14 novembre – è stata dell'editore, Mauro Morellini: “se ti va di rimetterci su le mani, fai pure”, mi ha detto un annetto fa. E io l'ho preso in parola, prendendomi un tot di mesi prima di uscire con la nuova pubblicazione. Dal 2010 ad oggi ho pubblicato altri due romanzi e tanti racconti, mi sento un'autrice più matura, sicuramente diversa da allora, per cui questa edizione è una vera e propria riscrittura, molto complicata da fare sul proprio lavoro, ma per certi versi naturale. È stato come potare un albero alla fine della raccolta. Superare le apparenze è impossibile, non ci riesce nessuno. Soprattutto chi dice il contrario (“Il mio migliore amico è gay”, “Non sono razzista, MA” eccetera eccetera). Giudichiamo tutti e tutto con uno sguardo, siamo farciti di pregiudizi e grassi di moralismi: quello che possiamo fare è rendercene conto, esserne consapevoli e lottare, ogni giorno, nel tentativo semi-disperato di smussare i nostri angoli, almeno i più spigolosi, per non ferire gli altri.

Parlaci un po’ ti te. Com'è scrivere in Puglia? Tra le tue esperienze, quali consideri la più fortunata e quale la più sfortunata?

Ho continuato i miei studi a Milano e mi ci sono fermata una ventina d'anni. Sono tornata in Puglia, a Bisceglie, da sei: credo di “appartenere” a entrambe le città, come tutto il mio albero genealogico. Si scrive sempre del posto in cui si vive, anche quando la storia è ambientata nel futuro, o è di fantasia. Due dei miei romanzi sono ambientati nelle mie città: Bisceglie e Milano. Che sono legate da un filo rosso come la striscia di plastica che si usa per abbellire gli imballaggi della frutta che da Bisceglie parte per Milano ogni giorno, da decenni. Il mio primo libro – un chick lit dal taglio ironico sulla soap opera (tuttora) più longeva della TV: Beautiful – mi ha fatto guadagnare un'ospitata a Matrix in compagnia di produttori e attori del cast. Credo che quello sia stato il momento più alto della mia carriera! Manco un centesimo, Dio non voglia, ma sai che emozione quando mia zia Maria (non avevo detto a nessun parente della messa in onda, lo sapevano solo i miei BBF) mi ha telefonato per dirmi che mi aveva vista in TV? Credo che quel libretto, 101 motivi per non smettere di guardare Beautiful, per quanto leggero e scanzonato, abbia dato il calcio d'inizio alla fortuna, e quindi anche alla sfortuna: una implica l'altra, tipo yin e yang.

In conclusione, dato l'approssimarsi del Natale, su un ipotetico bigliettino d’auguri ai nostri lettori, che cosa ci scriveresti?

Perché ipotetico? Sono una grafica o una mitomane? ;)



Grazie
Giuseppe Di Summa



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