Ogni
tanto mi capita. Che l'ottimismo non argina l'onda. La sento arrivare
e nonostante gli anni di esperienza, non so come scavalcarla. La mia
tavola da surf si fa colabrodo e io affondo. È una sensazione. E
come tutte le sensazioni non si può domare. O rimandare. E mi
ritrovo a fare bilanci e confronti. Perdendo sempre. Non si deve
salire sulla bilancia dopo un'abbuffata: lo sanno tutti. Eppure il
senso di colpa è più forte del buon senso e obbliga a soppesare i
momenti peggiori nei momenti peggiori. Sbagliando. E sbattendo il
muso contro fallimenti che prima non vedevi, perché erano seppelliti
in bella mostra. Non è periodica, non segue le stagioni, né le fasi
lunari. Ti piomba addosso fra capo e collo, fredda come una
ghigliottina virtuale che decapita senza spargimenti di sangue. Di
colpo, essere propositivi non basta e gli insegnamenti di Pollyanna
se ne vanno tutti a fanculo. Quasi improvvisamente, quello che
sopportavi diventa intollerabile. Per una persona emotiva è più
facile. Piange e si fa consolare. Per una persona emotiva, ma anche
razionale, è più difficile. Piange e si fa consolare, ma non
convincere. Perché sa che l'onda tornerà, e la travolgerà ancora e
ancora. E allora, pur non sapendo essere superficiale, prova a
seguire la strada della leggerezza. Che non è di mattoni gialli: è
un nastro trasportatore. Perché per chi non si addentra nelle
emozioni, sopravvivere alla vita è più facile. Qualche giorno fa,
l'onda è tornata. Altissima e scura. E come sempre mi ha travolta
più di sempre, strappandomi il costume della festa. Ogni cosa è
diventata nera. Stanchezza. Ottobre. Il tempo. La fatica per la
salita. Le solite e insufficienti spiegazioni. Poi ho ricevuto una
telefonata, e ho trovato il senso. Quello che sentivo non stava
capitando a me, ma a te. Ci si convince di tante cose sbagliate nella
vita, io ho deciso di sbagliare credendo alle connessioni. Resisti,
amico mio.
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