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venerdì 27 marzo 2015

ANORMALITÀ



 
Lynda Benglis Art

Quando vivi in un paese anormale, ti basta guidare per sentirti speciale. Te lo devi ricordare, di non essere speciale. Quando metti la freccia e la cintura di sicurezza; ogni volta che cerchi un parcheggio, magari a pagamento, pur di non lasciare la macchina in doppia fila o in un posteggio riservato; quando rispetti le rotonde, cedi il passo ai pedoni, rispetti i ciclisti e lasci la macchina vicina al centro per poi camminare. Ti senti speciale, ma non lo sei.

Quando vivi in un paese anormale, ti basta camminare per strada per sentirti speciale. Te lo devi ricordare, di non essere speciale. Ogni volta che usi i cestini o ti riempi le tasche di cartacce; quando differenzi la tua immondizia; quando sgridi qualcuno che getta mozziconi e bottiglie di birra sulla spiaggia. Ti senti speciale, ma non lo sei.

Quando vivi in un paese anormale, lavorare – o cercare di lavorare – ti fa sentire speciale. Te lo devi ricordare, di non essere speciale. Quando rispondi alle richieste, rispetti i tempi, consegni qualità, cresci, consigli e speri – preghi – di essere ripagato con la stessa moneta. Ti senti speciale, ma non lo sei.

Quando vivi in un paese anormale, ti devi incazzare quando vedi qualcosa di anormale spacciato, venduto, confuso o diventato normale agli occhi di tutti. Perché i ragazzi e i bambini si guardano intorno, si guardano accanto, e imparano che vivere in un paese anormale non è orribile, ma comodo; e che quello che davvero conta, non è sentirsi speciali, ma normali.

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