Monique Motil's Art |
Morire sta passando di moda. Ma il lutto no. Il lutto è addosso. È dentro.
È nazionale. È personale. È sempre in auge. Va su tutto. È elegante.
Misterioso. E sfina. Per quello lo indossi: perché segui la moda, non sai fare
gli accostamenti, hai classe, fascino e il corpo imperfetto. Una volta ci si
fasciava il braccio con un nastro nero. O ci si appuntava un bottoncino sul
petto. Per non dimenticarsi del lutto. Che durava anni. Anni bui. E lunghi. Non
potevi ridere, gioire, amare, ballare: la morte doveva essere più forte della
vita. Doveva vincere su tutto. Almeno per il tempo del lutto. Facciamo silenzio.
Appendiamo un lenzuolo bianco alla finestra. Accendiamo una candela e seguiamo
il corteo nel buio della notte. Spegnamo ogni luce per un minuto. Un minuto
imbarazzante. Un minuto di commozione. Un minuto infinito. Detesti chi piange
ad alta voce. Il pianto deve essere un logorio interno. Silenzioso e
imperturbabile. Non sopporti chi dà fiato al lutto. Il nero deve restare
dentro. Passare da solo. E se va in metastasi, amen. Vorrà dire che sarai
luttuoso. Macabro. Triste. Ma con decine di giustificazioni. Approvato e
certificato. Da chi si taglia le braccia col laser. Da chi si inchioda il
cuore. Per non dimenticare che il dolore non deve passare. O potrebbe arrivare
la gioia.
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