La Prima Donna è ambientato in più paesi, per la maggior parte del sud Italia: i personaggi nascono, vivono, amano e muoiono nella Città dei Pazzi, nel Paese delle Belle Donne, nella Città di San Cataldo, nella Grande Città di San Nicola, nella Città del Moscato, e così via.
Intorno alla quinta stesura del libro mi sono resa conto che alcuni personaggi non potevano parlare in italiano, non sempre: le battute perdevano di musicalità e durezza, della sintesi e dell’essenza che volevo avessero.
È a quel punto che ho inserito il dialetto, disseminando, fra le 269 pagine de La Prima Donna, alcune frasi pressoché incomprensibili e senza note a piè di pagina: tradurle le avrebbe ricondotte a quella realtà fin troppo decodificata dalla quale volevo allontanarmi.
Il mio intento principale non era tanto rendere realistici i dialoghi, ma quello di creare nuove e forti onomatopee. Suoni, gli stessi che si sentono passeggiando per le vie dei paesi del sud; voci che non è necessario comprendere per capire se averne paura o se esserne divertiti. È il contesto che differenzia il rumore dal suono.
La parte difficile è stata trovare uno o più esperti che mi aiutassero a operare questa inversione: dall’italiano alla musica.
Ho cercato in internet fra associazioni e appassionati fino a trovare lo slogan giusto, potenzialmente giusto.
Teniamo alta la BANDIERAdella STORIA, della TRADIZIONE e del DIALETTO XXX
ma senza
Improvvisazioni - Errori - Strafalcioni - Scopiazzature - Alterazioni - Mistificazioni - Compromessi - Contaminazioni
Il Dialetto, innanzi tutto, è una cosa seria
(Grammatica, Scrittura, Lettura, Declamazione, Recitazione, Canto)
Ho creduto di aver risolto il mio problema e ho scritto loro una prima mail. Non ho dovuto aspettare a lungo prima di ricevere la risposta. Positiva. Della serie, “ci mandi il testo e saremo ben lieti di collaborare”.
Qualche giorno dopo, però, ho ricevuto una seconda mail, spiazzante. Ve la copio perché merita di essere letta.
----------------------------
Il giorno 24/nov/09, alle ore 20:35, XXX ha scritto:
Gentile signora Giustina,
abbiamo letto il Suo contenuto che ci ha rattristato molto. Ci spiace, non abbiamo facoltà di tradurre le Sue frasi, nel puro, genuino, nobile, costruttivo, civile e culturale dialetto xxx. Ci dispiace davvero.
Distinti saluti
La Redazione
----------------------------
Non vi nascondo che, all’inizio, ci sono restata piuttosto male: come si fa a giudicare un romanzo da una ventrinetta di frasi? Per quanto fossero scabrose… che pensavano, che volessi riscrivere una moderna Bibbia nera?
A ogni modo, ho ringraziato e ho cercato altrove, trovando traduttori meno sofistici che ringrazio per l’aiuto, l’affetto e la prontezza di spirito: Mauro “Nocciola” per la Città dei Pazzi, Valentina per il Paese delle Belle Donne e Giulia per la Città di San Cataldo.
Foto di Manolo Di Pino
Nessun commento:
Posta un commento
Dimmi