sabato 26 giugno 2010

PROPAGANDA LETTORIALE 03

Conosco la donna alla cui vita è ispirato il romanzo e pertanto il libro mi ha colpito in maniera particolare. La storia è abbastanza romanzata, ma la costruzione del libro è originale e la lettura scorrevole. Il mio pensiero va a Vanna/Gabry, donna di grande coraggio e grande delicatezza. 

Elliotoli 


(Inviate i vostri commenti a ilblogdellaprimadonna@gmail.com)

mercoledì 23 giugno 2010

288 - QUATTRO SARTI IN PADELLA

- Uhm, che profumino. Hai forse preparato una cenetta speciale per me, Jackie?
- Owen! Lo sai che io NON cucino. Ho chiamato il catering.


- Dobbiamo escogitare qualcosa di grandioso per far sì che Owen ti perdoni, Jackie.
- Che cos’hai in mente, Pam?
- Non so… dei fiori…
- …
- No, magari i fiori non sono adatti. Che ne pensi di cucinare qualcosa per lui?
- …
- Tu cucini, vero Jackie?
- NO.

E certo: Jackie M in Knight è troppo ricca e raffinata per affettare una cipolla, pulire un carciofo, grigliare una salamella o friggere due patate. Non che sia la sola. L’unica volta che Brooke ha preparato qualcosa da mangiare è stato per suo figlio Rick: un panino al prosciutto. Una ricetta veramente complessa.
In Beautiful cucinano solo i poveri e i pazzi. Sheila Carter era bravissima, per esempio. Per non parlare di Pamela Douglas: la regina del dolcetto al limone e del brasato (vedi moivo 102LA GOLA).

Chissà se anche la Jacqueline vedova Payne aveva la medesima idiosincrasia nei confronti di padelle e di fornelli: me la immagino che si concedeva al capitano Kramer in cambio di due polli arrosto con contorno di cavolini di Bruxelles – ricchi di vitamina A, C e B6, potassio, ferro, magnesio e fosforo ché il piccolo Nick era in piena pubertà e aveva bisogno di cibi genuini per crescere bello e biondo – e di una boccia di Moët et Chandon nella quale affogare l’amerezza del compromesso.

martedì 22 giugno 2010

287 – FERORMONI

Sole dee in Beautiful. Parliamo di Jackie Marone-Knight.

Non è carino chiedere l’età a una signora, ma ipotizzarla sì: Jackie doveva avere almeno dodici o tredici anni quando ha partorito Nick che, attualmente, non ha meno di quarant’anni. Ne deduciamo che Jackie ha almeno cinquantadue-cinquatatre anni. A meno che non abbia avuto il suo primo ciclo insieme al triciclo, all’asilo.

Ebbene, a cinquantadue-cinquantatre anni, la ex signora Marone si sposa con Owen Knight: l’uomo con l’addome scolpito da Michelangelo nel giorno in cui lo scultore decise di confessare la sua omosessualità al mondo intero.
“Owen è troppo bello, giovane e arrogante: vorrà approfittarsi della crisi di mezza età della ex signora Marone”, si son detti i sospettosi.
Sbagliato. Il ragazzo è serio e innamorato. Malauguratamente, Owen ha anche un gemello bastardo, Casper, che come il fantasma macrocefalo suo omonimo, è sbucato dal nulla per giocare un brutto tiro al fratellino: fingersi Owen per sputtanare il matrimonio dell’anno in una diretta televisiva dando della tardona incipiente alla moglie, pubblicamente umiliata.

Presa dallo sconforto e ignara della burla, Jackie s’è attaccata a una bottiglia di champagne ghiacciato e alle labbra di un Whip Jones incandescente.
Scoperto che il vero e solo colpevole dell’infamata era il gemello bastardo Casper,  la signora Knigth ha deciso di confessare al maritino la défaillance e lui, affranto e deluso come un verginello, l’ha lasciata.

Forse Owen non si è ancora reso conto di un particolare che renderà la sua maschia e orgogliosa presa di posizione una pantomima; particolare che non è invece sfuggito né a Whip Jones – ex marito di Brooke, as usual, e ora responsabile del marketing della  Jackie M – né al coguaro che ha posato con la femme fatale per una campagna pubblicitaria: l’animalo ha annusato l’aria ed è partito all’attacco, e non con mire sanguinolente…



PROPAGANDA LETTORIALE 02


Te l'ho già detto che il tuo libro mi è piaciuto molto? 
Che Gabriella è un personaggio riuscitissimo?
Idem dicasi per Marilù?
Che Luisa vorrei averla come amica? 
Che Isabella mi sta sul cazzo? 
Che Rodolfo me lo sono immaginato come un tronista? 
Che uno come Nico... l'avrei già lasciato da un pezzo?
Grazie, davvero una bella storia.

Antonella

(Inviate i vostri commenti a ilblogdellaprimadonna@gmail.com)

lunedì 21 giugno 2010

"La Prima Donna" tra realismo e disincanto

di Vincenzo Drago

La prigionia di un corpo indesiderato, l'asprezza del linguaggio popolare, il disincanto dei tempi moderni. Questo ed altro ne "La Prima Donna", l'ultima fatica letteraria di Giustina Porcelli, presentata l'altro ieri al Ghigno.

Presente alla libreria, oltre ad un folto pubblico, anche Salvatore Marci, regista e attore teatrale.

E' proprio il poliedrico artista a mettere subito le cose in chiaro: non si tratta di un romanzo hollywodiano, con finale gradevole quanto scontato, ma di un'opera che trasmette «sensazioni pesanti e una grande crudeltà, quella della vita»; sentimenti aggravati, «anche quando si leggono frasi gentili, dal suono forte del dialetto». Vari sono infatti i vernacoli tirati in ballo nel libro, in modo tale da ottenere uno scenario sicuramente realistico, nel quale anche la morte «è secca, non barocca». E cosi come nella vita si alternano momenti esaltanti a periodi bui, nel romanzo si è «a metà strada tra il dramma e la commedia».

Più dramma, a dire la verità. Perchè al giorno d'oggi, il cambiamento di sesso, è un campo ancora tabù, che suscita vergogna e sfocia spesso nello scherno. Ne sa qualcosa il protagonista Gabry, presentato dall'autrice come «un personaggio molto fragile, che vive in un corpo che non soddisfa le sue esigenze». Questioni ben più delicate, dunque, di quelle trattate nei precedenti lavori "101 motivi per non smettere di guardare Beautiful" e "Come imparare a dire No e vivere meglio".

La storia, benchè non incentrata esclusivamente sul protagonista, «si rivolge alla gente che, ignorando questo argomento, soffre di disinformazione e superstizione». In realtà, secondo la Porcelli, la riflessione che ciascuno di noi può effettuare è ampia, almeno quanto quella di Gabry; durante l'operazione, infatti, fioccano dialoghi introspettivi provocati dal battibecco tra due galli da combattimento, simile a quello, più familiare, tra l'angelo e il diavolo.

La disillusione e il realismo sono le parole d'ordine per l'illustratrice: nei numerosi flashback, infatti, appaiono, «come per i tre colori primari, le tre cose principali della nostra esistenza: morte, vita e amore»; e, con disarmante semplicità, ammette: «Non comprerei mai un libro che finisce con un sogno, sarebbe una truffa».

PROPAGANDA LETTORIALE 01

Giustina! Mi hai fatto piangere tantissimo! Ieri sniffavo nel letto sulle ultime pagine de La Prima Donna: l'ho finito. Ecco, volevo dirti che mi è piaciuto veramente. La tua scrittura mi fa impazzire, asciutta e concreta, leggera, senza perifrasi pesanti o voli pindarici autoerotici. Un po' Carver quando riesce a toccare con i contenuti e con poche parole: è il tipo di scrittura che piace a me. Mi è sembrata una storia raccontata con molto amore e delicatezza, mi sono affezionata a Gabry dalla seconda pagina e pensavo a lei durante tutta la giornata, anche quando non guardavo il libro chiuso sul comodino. Alcune volte, quando leggevo in metro o in treno, ho fatto fatica a trattenere il magone, aspettavo che lei si svegliasse come fosse un parente per il quale ti auguri che ottenga al più presto la serenità che merita. Credo tu abbia fatto un piccolo miracolo: è una storia veramente bella, grazie.

Margherita

(Inviate i vostri commenti a ilblogdellaprimadonna@gmail.com)

giovedì 17 giugno 2010

Il Ghigno de "La Prima Donna"

Chi ghigna in compagnia non è né un ladro né una spia: grazie al Paese delle Belle Donne!


martedì 15 giugno 2010

lunedì 14 giugno 2010

"La Prima Donna" a Molfetta, Bari

La Prima Donna 
16 Giugno 2010, ore 19.00
Molfetta (Bari)
Libreria Il Ghigno L'Isola delle Storie 
Via G. Salepico, 47

Alla presentazione interverrà Salvatore Marci




domenica 13 giugno 2010

286 - Intercettazioni (vol. 8)

- Ciao, tesoro. Come stai? Novità?
- Ciao, mamy. In effetti sì: Ridge ha avuto un’idea.
- Impossibile.
- Giuro.
- Moda o donne?
- È una domanda retorica?
- Certo. Dunque? Ha finalmente deciso chi sposare?
- No. Vuole far relazionare me e Taylor davanti a James Warwick.
- Che sporcaccione!
- Ma che cos’hai capito? Si tratta di psicoanalisi multipla. O qualcosa del genere.
- Ah.
- Già.
- E tu che ne pensi?
- Aspetta.


...


- Ecchofi. Lga crovo ugna gian scionziacia.
- Cosa?
- Lga crovo ugna gian scionziacia!
- Ma che dici? Non ti capisco...
- LGA-CRROVVO-UGNA-GIAN-SCIONZIACIA!
- Brooke: non ti sarai mica messa un bavaglio sulla bocca, vero?
- Gnecco ce ì. Gnon vogghljo ceico paghaie lla mmulca.
- Tesoro, non sei tu a dover pagare la multa, ma chi pubblica le intercettazioni: giornalisti, editori, quella gente lì.
- Mici siul seio?
- Sì. Fidati della mamma e togliti quell'affare.
- Ah! Che liberazione!
- Vero? Dicevi?
- Che la trovata di Ridge è un'immonda stronzata e che ho acconsentito solo perché farei di tutto pur di fregare di nuovo il marito a quella befana di Taylor che, forse la gente se l'è scordato, ma il nostro Dottore e James Warwick si sono divertiti non poco, a suo tempo... quella patetica scusa della verginità, la bufera di neve a Big Bear... nelle mutande ce l'avevano la tempesta i nostri psichiatroni, altro che... 
- Brooke!
- Cosa?
- ...
- Allora?
- Niente, eh, eh, eh: vai pure avanti.
- ... e ti ricordi quando Warwick e Sua Maestà Stephanie hanno flirtato? Oddio: mi si rivolta lo stomaco al solo pensiero... ma la gente deve sapere, non può passarci sopra, non deve dimenticare...

lunedì 7 giugno 2010

La Brunetta

(Postato nel blog di "Grazia")

Abbasso i nomignoli, i diminutivi, i vezzeggiativi e tutte le alterazioni grammaticali capaci di disintegrare la dignità umana e di trasformare un bacio in un baciottone o l’amore in un amoruccio. Ma, ancor meno riesco a immaginare per quale perverso motivo le brune debbano trasformarsi in brunette. Se l’italiano non è opinione, La Brunetta – LB per velocizzare lo sproloquio – dovrebbe essere una ragazza bassa e scura di capelli, giusto? E allora dove sono le nerette, le rossette e le biondette?
LB è contrastata anche dall’astronomia. Qualche scienziato ha ben pensato di chiamare Nana Bruna la sua clamorosa scoperta: una stella piccola e nera – tipo blatta – col nucleo troppo debole per riuscire a innescare cicli stabili – per intenderci: in menopausa – e, quindi, non abbastanza figa da rientrare a pieno titolo nella categoria delle stelle.
Sì, è vero: sono suscettibile, perché oltre a essere ricciola sono anche piccola e bruna, ma se parlano di me come LB ricciolina ci vedo rosso: uno si aspetta di veder arrivare la moglie di Calimero con la permanente!
Chiamatemi “brunetta” la Bellucci, allora. O Salma Hayek: voglio vedere se ne avete il coraggio!
Com’è che quando una è normale senza gloria né infamia, è La Brunetta, e quando invece ha un grande seno ed è alta un metro e settantacinque (per dire), è una Bella Moracciona? Poi magari è strabica e ha i denti gialli, però ha le tettone! Possibile che un bollino debba creare o sventare le aspettative, a priori? Ma per LB non finisce qui, ahimè. Vi dice niente?
“ Ti ricordi di Laura? ”
“ Non so, dimmi un po’: com’è fatta? ”
“È una brunetta, carina…”
“Ma quale? Quella bassa?”
“No, quella bruna…”
“Boh, è un’informazione un po’ vaga. Ha gli occhiali? Una cicatrice? Qualcosa di più che i capelli marroni, insomma. Quelli li hanno tutte…”
LB versa nella triste condizione dell’anonimato. La Donna Riccia si nota perché è buffa o afro. La Rossa dà nell’occhio perché è spesso l’unica della compagnia (o della piazza) color rame appena lucidato. La Bionda Naturale è un faro nella nebbia: non passa mai inosservata. Per le brunette solo un tetro e trito: “E chi è?”.
Una delle ricerche americane – che seguo come fossero soap opera – avrebbe scoperto che, nell’ultimo decennio LB è passata in testa nella classifica di gradimento maschile. Sembrerebbe, infatti, che l’uomo preferisca avere accanto una compagna bruna perché più affidabile e seria di una bionda magari più sexy ma sciocca. Quindi, LB diventerebbe la moglie, mentre la bionda l’amante. Uno schifo per entrambe, direi. E un bel casino: una bionda potrebbe riuscire a sposarsi solo tingendosi e, viceversa, una bruna dovrebbe decolorarsi i capelli per riuscire a farsi il marito di un’altra.
Artefatte e felici oppure nature e single.
In ogni caso, i conti non tornano: visto che in Italia le Bionde Naturali si contano a manciate, com’è che la media dei matrimoni si è abbassata? Non è che a sposarsi sono invece solo le bionde, alla faccia dei sondaggi? Chiudo con un omaggio, una pacca amichevole e solidale sulla spalla della donna che, più di tutte, s’è caricata l’odiato appellativo senza protestare, con pazienza e spirito di sopportazione: Angela Brambati che dal 1967 è LB dei Ricchi e Poveri.
Dimmi, di Grazia.

Il Maschiaccio

(Postato sul blog di "Grazia")

Insieme alla riccia, alla bionda, alla rossa e alla brunetta, in un ipotetico pentacolo divinatorio – che trae saggezza da proverbi demodé e detti stradetti e maledetti - a cui ogni vertice corrisponde uno stereotipo femminile, manca ancora una punta: il maschiaccio (per stringare il discorso, di qui in poi IM)…
Badate, non parlo di fattori caratteriali, né di un particolare modo di vestire o di parlare, ma semplicemente di capelli. Cari miei, questa è la fissa più tosta di tutte, non c’è scampo, prima o poi la frase fatta scappa e ci inciampiamo: se una ha un taglio di capelli corto è un maschiaccio, fine della fiera. Neanche una quarta di reggiseno o due gambe tornite e sode riusciranno a staccarle l’etichetta dalla nuca. Sembrerebbe che all’incirca 5.000 anni fa le egizie si rasassero completamente il cranio: all’epoca era un segno distintivo di nobiltà, raffinatezza ed eleganza. E allora com’è che nel settecento l’unico motivo per cui le donne sacrificavano le lunghe chiome era per debellare i pidocchi?
Quali modelli d’emulazione possiamo incolpare? Le Amazzoni? Le Valchirie? Le Charlie’s Angels? Ma il come e il quando non contano perché l’assioma ammette pochissime eccezioni: più lungo e fluente è il capello – magari senza toccare il pavimento – più alta sarà la carica sessuale ed erotica della donna. Di contro, più corto e naturale è, maggiore sarà la convinzione che la donna in questione sia gay. Pensate a Demi Moore, la “bella moracciona” interprete del Sodato Jane. Da donna aveva i capelli lunghi era mite e vittima del sistema poi, per una serie di motivi che non ricordo, le giravano le palle, si rasava la testa a zero, si allenava facendo le flessioni sui mignoli, strisciava nel fango, riusciva a scavalcare un muro altissimo e, da perfetta ufficiale e gentildonna, sporca e piena di steroidi, diventava rispettata e temuta come un uomo e, di conseguenza, arrapante come un elemetto.
Io ho avuto i capelli cortissimi fino all’età di 10 anni circa. Ero davvero un maschiaccio, ma non per merito dei capelli: mi ci impegnavo tantissimo! Giocavo coi ragazzini, mi vestivo come loro per correre e per non essere da meno nelle gare e nei giochi giù in cortile, avevo sempre un ginocchio sbucciato e ne ero fiera perché i maschi mi trattavano come una loro pari. Da grande, l’ultima volta che ho tagliato i capelli corti è stato quando avevo suppergiù 25 anni.
IM deve dimostrare col trucco e con i vestiti di essere etero, e questo non è bello. IM ha in testa gli stessi ricettori del piacere che ha una capellona ma, chissà perché, a pochi viene voglia di accarezzare una testa rasata o con una zazzerina corta. Le donne le lisciano le teste degli uomini, a prescindere dalla lunghezza dei loro capelli, no? A buttare giù questo preconcetto non è riuscita Juliette Binoche, seppur ne Il danno era sexy e disinibita come poche e non disdegnasse né il padre né il figlio né il cugino del figlio del patrigno della suocera. Non ce l’ha fatta Audrey Hepburn che, per quanto bellissima e chic, è diventata un’icona efebica ed eterea anche a causa del taglio di capelli controtendenza. Trent’anni fa Bibelot fu la prima modella che osò radersi la testa a zero: suscitò talmente tanto clamore che fu costretta a coprirsi la testa con un parruccone! Il discorso si ribalta se parliamo di peli: le donne non se ne strappano mai abbastanza! Certo, esitono degli uomini a cui IM piace, ma il luogo comune – che è quello spazio senza tempo dove si parla per frasi fatte e non ci sono le mezze stagioni – vuole che la donna abbia i capelli corti solo in certi casi, vale a dire se è:
a) disperata
b) esaurita
c) gay
d) suora
e) indigente
f) figa come Hally Barry

Dimmi, di Grazia.

La Riccia

(Postato sul blog di "Grazia")

Stereotipato non è un bell’aggettivo. Tutti ci illudiamo di essere originali: sentirsi accusati di essere uno qualsiasi pescato a casaccio nel mucchio addomesticato non è il massimo. Ma essere diversi è una grana: si è additati come megalomani, eccentrici, pazzi, grotteschi, eccessivi. Meglio indossare lo stesso colore degli altri che essere un colore. Se questa cosa è di per sé difficile per l’essere umano – una pianta o una pietra uguale solo a se stessa è una rarità, non un’avaria – nel mondo femminile, le circostanze si complicano.
Nell’universo delle donne non è solo l’abito a fare il monaco, ma anche il capello
L’etichetta ce l’abbiamo appiccicata sulla testa.
Nel corso di questa settimana proverò ad anatomizzare le categorie femminili in base alle chiome. Facendo parte dell’ordine delle ricce comicerò da loro, anzi, da noi…
La Donna Riccia – che da qui in avanti chiamerò DR: fa un po’ Germania dell’Est ma pazienza – parte per un week-end romantico e, per non imbarcare il bagaglio e di conseguenza far perdere istanti preziosi al proprio compagno, porta con sé solo lo stretto necessario per la toilette, illudendosi che nel bagno dello strafigo albergo a cinque stelle che ha scelto ci siano tutti i gadget per la bellezza del corpo. Appena possibile, la DR controlla la mercanzia: bagnoschiuma, shampoo, lima per unghie, eau de toilette, ago e filo, spazzola e lucido per scarpe, minispazzolino e dentificio, crema per il corpo, olio per massaggi e… stop. Orrore. Ma non lo sanno che se la DR si lava i capelli e non mette il balsamo non può permettersi di uscire dalla stanza? Che se il suo compagno la vedesse nature la scambierebbe per la fantozziana, ispida e cotonata signorina Silvani?
Ogni riccio è un capriccio. No: ogni riccio è un riccio!

Possibile che la DR debba dimostrare di essere docile e comprensiva senza manifestare il benché minimo biasimo per sfuggire a un cazzutissimo luogo comune? Ma torniamo al week-end romantico della DR. Sconvolta dalla mancanza del balsamo per capelli, la nostra è costretta ad andare dal parrucchiere e, a quel punto, decide di regolare anche il taglio, anche se Lui non se ne accorgerà mai: un boccolo rimane un boccolo anche con una voluta di meno… c’est la vie! Mentre dà gli ultimi inutili colpetti con le forbici, la parrucchiera guarda nello specchio la DR e, con voce maliziosa, le domanda la stessa cosa di sempre: “Li stiriamo?” e, tutte le volte, la DR risponde di no, deludendola. Perché mai una riccia dovrebbe voler essere liscia? Io che ho quasi 33 anni, per esempio, se tutte le volte avessi accontentato le parrucchiere che me l’hanno proposto – chi con classe e chi meno – a quest’ora sarei pelata! Terminiamo l’analisi dello stereotipo ricciuto con i soprannomi. Che la DR sia una donna non conta: è Caparezza. E vent’anni fa, quando costui era ancora nel tunnel, la situazione non era migliore: la Mannoia non era sufficiente a dare alla DR la giusta connotazione sessuale perché Branduardi era più famoso. Cogli la prima mela e colpisci il tuo nemico, DR!
Ora io mi domando: possibile mai che le ricce siano così poche? Che le Betty Boop di tutto il mondo si facciano avanti! Dimmi, di Grazia.

La Rossa

 (Postato sul blog di "Grazia")

Lo stereotipo femminile che voglio scomporre in questo gioco delle etichette affibbiate alla carlona è la Donna Rossa alla quale, d’anticipo, porgo la mia più sincera solidarietà. La Rossa – che, per comodità, d’ora in avanti definirò LR – è vittima di luoghi comuni, false ovvietà e preconcetti oltre ogni limite. Assolutamente fuori controllo. La prima leggenda metropolitana da sfatare è fra tutte la più sconcertante e contraddittoria poiché ritrae LR come una passionale e vorace femme fatale. L’identikit calza a pennello se ci si riallaccia al dipinto della lussureggiante Rita Haworth nei panni della focosa Gilda oppure alla stagione cremisi di Nicole Kidman o, ancora, alla sempreverde seppur vermiglia Jessica Rabbit ma, frana rovinosamente se lo si estende all’universo delle rosse: definire concupiscenti Sara Ferguson o Rita Pavone mi sembra un tantino azzardato. In questi casi, direi esemplari, l’appellativo riservato è un filo meno sexy rispetto a quelli prenotati dalle valchirie dedite alla sessomania più sfrenata: pel di carota. Che ingiustizia è questa? Se il colore dei capelli detta legge, che l’editto sia paritario per tutte e, invece, niente: la legislatura proprio non ce la fa a rispettare le uguaglianze. Ma vi dirò di più: c’è addirittura una bizzarra convinzione popolare per cui LR avrebbe un sapore particolarmente dolce, ma non credo che la cosa sia degna di essere ulteriormente approfondita ché tanto di scempiaggini da sciorinare ce ne sono pure troppe… Prendiamo a campione i famigerati detti proverbiali, per esempio. Non si sa chi li abbia dettati, né a chi, né quando ma, tuttora, molti aforismi sono radicati nelle teste di tre generazioni abbondanti. Il miglior rosso gettò il padre nel pozzo. Quindi LR – e anche i rossi, per l’esattezza ­– sarebbero delle bestie patricide. Rosso malpelo. Cattivi dalla testa ai piedi senza remissione della pena. Il ciel ci guardi dalla tosse – e okay – dal verme di finocchio ­– ci può stare – da quelli con un solo occhio – già qui la sentenza traballa… – e da quelli con il pelo rosso. E dagli! Che cosa ci sarebbe di così demoniaco in Richie Cunningham? Ve l’immaginate una puntata di Happy Days in cui il timido pel di carota – e scusate se è poco – svela la sua natura animalesca sventrando mamma Marion o facendo a pezzi con la motosega Fonzie? Io no.
Ma torniamo a bomba. Non c’è scampo: neanche essere più mansueta di un agnellino cloroformizzato basterà a debellare la credenza che LR sia una donna bizzosa e viziata. Presentare LR a un uomo non è cosa semplice: le classiche frasi fatte che, in genere, spianano la strada e spiegano i fatti, in questo frangente non sono sufficienti:
“Vorrei farti conoscere Anna. Ti piacerebbe: è esattamente il tuo tipo”
“Uhm, non so. Com’è?”
“Molto simpatica”
“Quindi un cesso?”
“No! È carinissima! Ha dei bellissimi capelli rossi…”
“Ahia”
Ma chiedigli se ne ha abbastanza da passarci dentro le dita, se sono morbidi, se profumano, non il colore! Possibile che gli uomini si lascino infinocchiare e/o abbagliare anche da una tinta e da quattro meches? Si sono perfino investiti dei soldi – dei contribuenti! – per dimostrare con studi scientifici che LR sarebbe uno strano essere. Alcuni ricercatori avrebbero trovato un ricettore nel cervello, la melacortina, responsabile – tra le altre cose – della cocciutaggine delle chiome fulve: sembrerebbe che, in sala operatoria, LR necessiti del 20% di anestetico in più per addormentarsi. Il condizionale la dice lunga: non è stato difatti provato un bel niente a parte che, a volte, gli scienziati dovrebbero ridimensionare, per lo meno in quantità, la visione di film porno. Dimmi di Grazia.

La Bionda Naturale

 (Postato sul blog di "Grazia")

Tengo a specificare che in questo post vivisezionerò il ritratto convenzionale della vera Bionda (ché a farsi una tinta son brave tutte), ripercorrendo la mia personale esperienza di vita e interazione col mistico mondo dorato. Esatto: mistico e celestiale, non esagero. Avrete sicuramente fatto caso che gli angeli sono tutti biondi; a parte il Michael di John Travolta che infatti beveva, era grasso e faceva le puzze. È un fatto. C’è poco da arrampicarsi sugli specchi: dalle favole alla tv, dal cinema alla leggenda, dal passato al futuro, per antonomasia, i biondi sono tutti buoni. E belli.
Ma i biondi non sono le bionde!
Cambiando l’articolo, l’immaginario collettivo si trasfigura, surclassando la mera bontà…
Da bambina avevo un’opinione esageratamente alta della Bionda Naturale (di qui in avanti BN, come la targa di Benevento). Le mie icone di riferimento per quanto concerneva la bellezza femminile erano tutte biondissime e io, ingenuotta, ero certa che non fosse casuale: il colore paglierino doveva influire in qualche modo sulla magnificenza! Raffaella Carrà, Heather Parisi, Lorella Cuccarini erano – e sono tuttora – bravissime e splendide nelle loro tutine da ballo ed erano tutte… tinte. Ma c’erano anche le gemelle Kessler col loro Da Daumpa e Marilyn Monroe con Gli uomini preferiscono le bionde… ex brune anche loro. Niente. Tornando indietro con la mente non riesco a ricordarmi di nessuna BN. Un momento, c’era Shirley Temple! L’enfant prodige, la riccioli d’oro dello schermo: la odiavo. Era un personaggio talmente lezioso e intelligente da piacere solo al mio povero nonno settantenne: a pari merito io preferivo Lassie che almeno non mi provocava complessi d’inferiorità da nipote imperfetta. Ah, sì: amavo Olivia Newton-John. Ripensandoci, però, aveva una ricrescita scura paurosa: della serie il trucco c’è e si vede. Ci deve pur essere una BN intrappolata nelle mie reminescenze. Trovata: la Donna Bionica! Jaime Sommers non era solo naturalmente bionda (meglio darlo per scontato a questo punto) ma anche fighissima: un agente segreto al servizio del bene che evitava la violenza fine a se stessa in favore dell’astuzia, della sensibilità e di un’impressionante genialità. Una così sì che alza l’indice di gradimento: ha addosso parti elettroniche, è fortissima, velocissima e ci vede più di un’aquila con l’ipermetropia, ma usa il cervello. Fantastica. Nell’età dell’adoloescenza un increscioso episodio ha mutato la mia opinione sulla BN: si tratta di una storia scomoda, ma la sintesi servirà a chiarire – e a giustificare, almeno in parte – il mio passaggio dall’idolatria all’idiosincrasia. Per farla breve, lasciai il mio fidanzatino perché un’amica mi assicurò che lui voleva mollarmi per mettersi con una bionda. Scoprii troppo tardi che era una bugia. Feci la figura della bambinetta: un’atrocità se hai 13 anni. Ero caduta come una mosca cieca nella tela di quella tarantola che si professava mia amica, e lei era una BN, per giunta innamorata del mio fidanzatino, la maledetta. Da quel momento, per lungo tempo ho detestato l’intera categoria, lo confesso. Mi guardavo in giro e non potevo non associare la BN al mio truama personale, d’un tratto mi sembrava che la BN avesse lo spessore di una sottiletta: da sola non bastava neanche a farcire la tv che, per darle forza, era stata costretta ad affiancarle una co-protagonista. Da Striscia a Sanremo, non c’era più La Biondina, ma c’erano La Bionda e La Mora. Discriminandole, per un periodo ho addirittura collezionato barzellette su di loro. Tipo: “Che cosa significa 80 per una BN? 69 IVA inclusa” Poi però, crescendo, ho capito che una bionda non fa primavera, e che Mary Quant – creatrice della minigonna quindi degna di rispetto, a prescindere – si sbagliava affermando che
“avere denaro è come essere bionde: più divertente, ma non vitale”
Perché essere bionde è come avere più denaro: ti diverti di più e poche chiacchiere. E allora, viva le bionde: alla spina o in bottiglia, non fa differenza purchè siano gelate al punto giusto. Dimmi, di Grazia.

sabato 5 giugno 2010

"La Prima Donna" a Villorba, Treviso

La Prima Donna 
8 Giugno 2010, ore 18.30
Libreria Lovat
Via Newton, 13
Villorba (Treviso)

Alla presentazione interverrà 
Massimo Perissinotto

B&B: Bionde e Brune a "Matrix"

A You Tube non sfugge nulla, tanto meno la fregnaccia che ho sparato: una sola, il che ha dell'incredibile! Speravo la tagliassero in fase di montaggio: pazienza e mea culpa.
Così, a intuito, direi che Pupi Avanti non segua questo blog, ma io le mie scuse gliele faccio comunque qui, ora. "Regalo di Natale" è uno dei film di Avati che preferisco, "Christmas in love" temo di non averlo visto: purtroppo non mi ricordo, confondo e assemblo i titoli - un disastro riuscire a fare una conversazione sul cinema con me: costringo la gente a raccontarmi un pezzetto di trama! - pardonnez-moi!

Ancora grazie a tutti per i messaggi su FB, per gli sms e le telefonate: good night and see you soon!

giovedì 3 giugno 2010

285 - GOOD NIGHT & SEE YOU SOON (Riverberi di un’ospitata televisiva)

Il 28 maggio scorso, la sveglia ha suonato alle 05.45: l’ho spenta e mi sono riaddormentata. Non mi capitava dalle medie.

Ore 06.15
La Cepaea Nemoralis, il mio spirito guida, mi dà uno scossone. Io e il mio cuore sobbalziamo.
- Che ore sono?!
Impreco: devo prendere un volo per Roma alle 07.00 o niente “Matrix” (e, a seguire, niente Palermo con le amiche).
Per fortuna la valigia è pronta, non devo truccarmi ché ci penseranno degli esperti, ho fatto il check-in on line e il mio fidanzato mi accompagna all’aeroporto in auto.

Ore 06.30
Linate. La coda per l’imbarco è lunga una dozzina di chilometri: Milano non dorme mai. Ho il soffio al cuore finché non occupo il posto 15E del volo AZ 2013 diretto a Roma/Fco. Mi domando cosa farò una volta atterrata: Leila di Mediaset mi ha detto che ci sarà un autista ad attendermi a Fiumicino. Ma dove?

Ore 08.00
Qualche nuvola e un po’ di foschia oscurano il sole romano. Accendo il cellulare e ricevo un sms da un numero sconosciuto che richiamo.
- Con chi parlo?
- Sono l’autista di Mediaset.
- (Fantastico.) Ah, bene.
- L’aspetto fuori, sono vicino ai taxi. Come la riconosco?
- (Sono piccola, nera e in ansia: una Calimero) Sono vestita di nero e ho un giacchetto (ho veramente detto “giacchetto”?) rosso. Capelli ricci.
- Perfetto.
- Che macchina devo cercare?
- Una Mercedes nera.
- (Uao). Uao. Arrivo.

- Che classe – fa un tassinaro mentre alzo una mano e fermo la Mercedes alla maniera di Carrie Bradshaw. Ridacchio: non mi abituerò mai a “questo”.
- Dove andiamo? Paladino?
- Ah, io non lo so. Sono nelle sue mani – rispondo all’autista carino e gentile.
Mando un sms alla mia mamma che, in genere, mi risponde con un giovanilissimo squillo. Mentre sto inviando un sms al fidanzato, mi accorgo di avere una telefonata in linea.
- Mamma! – esulto come una diecenne.
- Giustina?
- Mamma? Leila! – decido.
Leila di Mediaset si assicura che io sia stata recuperata dall’autista e io la rassicuro: arriverò nonostante il grande raccordo anulare non sembra essere d’accordo.

Ore 9.15
Leila mi accoglie: è decisamente presto.
- Un caffè? – propone. Le diete e le restrizioni alimentari non mi ci stanno mai, in valigia.
- Certo.
Al baretto fuori dagli studi televisivi c’è anche Mavi Felli che non è solo un’attrice, è anche la doppiatrice di Brooke Logan. Da vent’anni. È bruna. Me la ricordavo bionda. Ripenso alla caricatura che le ho fatto tempo fa (vedi motivo 134 - Son of a big...) : chissà se le piacerebbe. Le do del Lei, ma so già che non durerà.


Ore 09.30
Leila mi accompagna in sartoria
- Magari hai qualcosa da stirare…
- (Che meraviglia.)
e poi in sala trucco (e parrucco): lo spazio è ridotto a causa di lavori di ristrutturazioni varie (credo) e c’è del malcontento e poca aria. Ma io sono in apnea da un tot quindi ci faccio caso a malapena.

La truccatrice che si occupa di me è brava e rispettosa: mi cancella le occhiaie e la cicatrice sul sopracciglio destro per magia, mi accende le guance di rosa facendomi sorridere per individuare il punto esatto da colorare e mi mette un po’ di mascara. Niente altro.

Mentre sono quasi pronta, serpeggia la voce che “i Beautiful” sono arrivati e che sono rimasti intrappolati nell’ascensore. Lo stesso ascensore che ho preso io: com’è possibile che non si sia fermato con me dentro?
Raggiungo il corridoio. Non so dove mettermi per non intralciare il viavai: negli stessi studi ci sono anche le produzioni del tg e di “Mattino Cinque”.

- Arrivano! – fa qualcuno.
Il primo che individuo nel lungo corridoio è Brandon, alias Owen. Poi vedo John-Eric. Gli sorrido e mi domando perché non mi saluti: ci conosciamo da vent’anni… fra pochi giorni è addirittura il nostro anniversario! Jacqueline-Steffy non c’è, per ora. Avrà esagerato col vino de li Castelli? Con la matriciana? Con la gricia? Arriverà?

Ore 10.15
Ritiro il mio vestito stirato in modo impeccabile e mi sposto nel camerino che, in genere, occupa Ballantini di “Striscia la Notizia”.
Mi infilo il vestito e mi salta una spallina: la signora della sartoria è un angelo e me la ricuce in un minuto.
Sono pronta. Mi tremano le mani, as usual.

Raggiungo il corridoio.
- Devi annà al trucco? – mi domanda un parrucchiere osservandomi con attenzione.
- Veramente ho già fatto.
- E gli occhi?
- Lei è bella così: naturale – risponde per me la truccatrice che mi ha sanato l’incarnato grigio.
- Sono Banfi. Piacere – mi dice un signore porgendomi la mano. Mi presento a mia volta. È il regista di “Matrix”.
- Ha una copia di “101 Motivi per non smettere di guardare Beautiful”? – s’informa.
- (La copia che ho con me era per la mamma di Diana!) Certo. In borsa. Gliela prendo subito.
Il corriere mandato dalla Morellini con tutti i miei libri si sarà fermato a Eboli a bere un crodino.

Chiacchiero con un paio di truccatrici. Racconto del mio romanzo “La Prima Donna”. Una di loro, una bella signora bionda, sembra incuriosita. Mi parla delle scelte difficili che ha fatto nella vita.

Ore 10.30
- Ti spiace aspettare in camerino? – mi chiede Leila – è ancora presto per andare in studio: registriamo alle 11 – aggiunge.
Mi fanno compagnia gli abiti di scena di Ballantini(Bertolaso, Fazio, Brambilla, Paoli, Moretti), i suoi biscotti al vino (la signora della sartoria ne è particolarmente ghiotta) e alcune maschere di silicone (sembrano quelle di Mrs Doubtfire).

Ore 10.55
Leila mi chiama. La raggiungo in corridoio. Con lei c’è Mavi Felli che sente freddo. Io non sento niente. Facciamo scale, le scendiamo, mi sa. Raggiungiamo lo studio. Vedo Alessio Vinci. Mi viene in mente la sua frase di commiato: “Good night and see you soon”, ci ho scherzato su con gli amici qualche giorno prima di partire. Un ragazzo con le mani ghiacciate microfona me e Mavi. Poi arrivano “i Beautiful”. Non ci credo. Mi viene da ridere, tantissimo.
Jacqueline-Steffy è alta, magra, truccata (forse troppo? Non ne avrebbe bisogno) e raggiante. Mi dice che ho dei bellissimi capelli (pensare che sono esattamente com’erano alle 6 del mattino: nessuno me li ha acconciati. Nemmeno io.) Brandon-Owen è strabello. Ha gli occhi azzurro aski, gelidi. John-Eric è fantastico. Sembra molto simpatico, alla mano.
Qualcuno mi presenta agli altri ospiti. Forse Leila? Comincio a sentirmi confusa: che diavolo ci faccio qui? Rido.
Arrivano David Gregg, Roberta della distribuzione italiana di B&B, Silvana Giacobini (che mi riconosce: mi ha vista in tv! A me?! Quando mai!), Clayton Norcross (ex Thorne Forrester) e basta. Niente panchine. Niente riserve.
Occupo una poltrona bianca, incrocio le gambe, le dita e lo sguardo di John-Eric che, finalmente, mi sorride: ora anche lui mi conosce.


Parte la sigla.

La puntata di “Matrix” dedicata ai vent’anni di “Beautiful” andrà in onda il 4 Giugno alle 23.00 circa: il seguito di “Good Night and See you Soon (Riverberi di un’ospitata televisiva)” lo potrete vedere coi vostri occhi stupefatti. E anch’io.